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Dott.ssa Alessandra Sciascia “Appalti pubblici e criminalità: l’analisi economica”

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Articolo a cura di Dott.ssa Alessandra Sciascia, Master Anticorruzione Tor Vergata

Una nuova prospettiva: l’analisi economica

In Italia, le molteplici riforme del sistema degli appalti pubblici, succedutesi negli anni, non sono state in grado di dar vita ad un sistema efficiente, trasparente ed affidabile. Quali sono le ragioni?

Appalti pubblici e criminalità: leggi sperimentali, rating dei fornitori e incentivi ai funzionari. Le ricette dell’economista

L’ultima edizione del Festival dell’Economia, tenutasi a Trento dal 3 al 6 giugno 2021 e dedicata al “Ritorno dello Stato”, ha dato voce, tra i vari protagonisti, a Francesco Decarolis, esperto di Microeconomia applicata e Professore Associato del Dipartimento di Economia dell’Università Bocconi.

Nell’incontro intitolato “Appalti”, in un dialogo con Silvia Pellizzari, ricercatrice di diritto amministrativo all’Università di Trento, ha proposto il suo – come da lui definito – approccio pragmatico ed empirico: anziché procedere dall’universale al particolare, bisognerebbe partire dal singolo dettaglio per provare a migliorare l’intero procedimento, un pezzo alla volta.

Forte dell’esperienza maturata presso le università statunitensi, illustra il suo motto: invece che deregulation, better regulation” perché “le regole sono fondamentali e i mercati funzionano dentro le regole. Ma devono essere ben fatte, altrimenti distruggono il mercato. Ma in un ambiente come quello degli appalti pubblici è veramente difficile disegnare buone norme, perché ci sono tanti obiettivi anche in contrasto tra loro: dai costi alla qualità dell’esecuzione, dai tempi di realizzazione delle opere ai rischi di corruzione e collusione tra le imprese”.

Una delle soluzioni, secondo Decarolis, è quella di introdurre anche in Italia norme in via sperimentale e rendere definitive solo quelle che hanno dato risultati adeguati: “non si può pensare che arrivi il professore, il governatore o chicchessia e scriva la regola perfetta che faccia funzionare gli appalti pubblici in maniera ineccepibile. Si può cercare di fare delle regole buone, di misurarne gli effetti e gradualmente modificarle per averne di migliori. Non è una cosa tanto strana, richiede solo un modo diverso di legiferare”.

Un modo che, ad esempio, si concentri sui principali obiettivi da perseguire, demandando il compito di dettagliare singoli regolamentialle autorità di settore, all’Autorità Nazionale Anticorruzione nel nostro caso.

Passando attraverso la questione della necessaria “qualificazione” delle stazioni appaltanti nonché condivisione completa di dati e informazioni, con riserva di speranza nella digitalizzazione dei processi e nella creazione del fascicolo unico delle imprese sotto la regia dell’ANAC (previste dal DL Semplificazioni Bis), Decarolis sottolinea poi come, in ordine alle procedure di affidamento degli appalti, uno strumento proficuo sia il rating d’impresa, previsto dal Codice degli appalti del 2016 ma rimasto, purtroppo, solo sulla carta: “bisogna costruire gare utilizzando un criterio non molto diverso da quello che ciascuno di noi adotterebbe a casa propria se dovesse avviare una ristrutturazione”, argomenta, suggerendo, ad esempio, di puntare sull’offerta economicamente più vantaggiosa attribuendo però una parte del punteggio al prezzo e l’altra in virtù di un indice reputazionale, ossia una scala di parametri che misurano il comportamento pregresso dell’impresa.

“In un sistema del genere le imprese hanno la possibilità di adattarsi e decidere di comportarsi bene nell’esecuzione di un contratto perché farlo significa accumulare punti da usare per le gare future. Quali parametri monitorare? Quali punteggi dare? Come effettuare i monitoraggi per evitare che chi li fa sia colluso con l’azienda? Come trattare le nuove imprese che vogliono accedere al mercato ma non hanno un pregresso? Dall’efficacia delle risposte dipende il successo del sistema”.

Giungendo, infine, al tema del subappalto, Decarolis risolutamente afferma: “il problema non è il subappalto in sé, ma la criminalità. E bisogna combattere la criminalità, non il subappalto, perché quest’ultimo serve anche per l’efficienza dell’azienda, per allocare il lavoro in modo efficace”.

La giurista Pellizzari parimenti sottolinea come “creare un sistema dove si cerca di poter disciplinare tutto, significa solo gravare l’azione amministrativa. Bisognerebbe, pertanto, abbandonare l’utopia della prevenzione assoluta e puntare maggiormente sui controlli ex post.

D’altro canto, la stessa giurista ricorda però come l’appalto è sempre stato “uno strumento con cui lo Stato in qualche modo derogava alle proprie funzioni… ma se il ritorno dello Stato in questo settore è il ritorno dello Stato delle deroghe o della continua emergenza, allora continua a operare senza migliorare il quadro complessivo”.